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Sai… ogni volta che entro in un giardino, mi basta un minuto per capire chi lo cura.
O meglio, chi dice di curarlo.
È come aprire un libro già letto: capisci subito a che punto sei, se il protagonista ha imparato qualcosa o se continua a inciampare negli stessi errori di sempre.

Non serve magia, basta osservare.
Il giardino è uno specchio, e ti riflette senza pietà.

Benvenuto al Giardino Futuro,  sono Roberto Massai e oggi voglio parlarti delle quattro tribù del giardinaggio.
Sì, quattro. Non di più.
Le ho incontrate tutte in questi vent’anni di lavoro tra piante, vanga e filosofia verde.
E fidati: anche tu appartieni a una di queste.
Magari lo sai già, o magari farai finta di no, pensando: “Sta parlando del mio vicino, quello che misura le siepi con la livella.”
E invece no, parlo anche di te.


1. I maestri zen del verde

Ah, loro. La mia tribù preferita.
Gente che sa cosa fa, e soprattutto lo fa con piacere.
Non vedono il giardino come una lista di faccende, ma come una parte viva della casa, un’estensione del proprio respiro.

Aprono la finestra, guardano fuori e dicono: “Oggi passo un’ora con il mio giardino.”
Non “Devo tagliare l’erba.”
Capisci la differenza?

Il loro segreto è semplice: non combattono la natura, ci danzano insieme.
Quando piove, ringraziano.
Quando c’è siccità, non vanno in panico. Hanno scelto piante che sanno cavarsela e, se serve, annaffiano con calma e consapevolezza.
Non si disperano per due erbacce, perché hanno capito che ogni “infestante” è solo un messaggio, non un nemico.

È conoscenza, è esperienza, è presenza.
E soprattutto, è pazienza.

Il giardino non risponde ai tuoi comandi, ma al tuo rispetto.
Ti segue se lo ascolti, ti ignora se vuoi comandarlo.

Quando guardi il tuo giardino, ti rilassi o ti viene voglia di scappare in casa?


2. I giardinieri colpevoli

Li riconosci subito.
Sanno tutto, hanno letto manuali, guardato video, seguito corsi.
Potrebbero avere un piccolo Eden, ma il prato è un misto di muschio e rimpianti.

Non perché non siano capaci, ma perché hanno sempre qualcosa di più urgente da fare.
E allora il giardino diventa un promemoria vivente di ciò che non fanno.

Ogni volta che passano davanti alla siepe, pensano:
“Dovrei proprio darle una sistemata.”
Poi rientrano in casa e… fine della storia.

Il giorno dopo si dicono: “Domani ci penso.”
E quel domani non arriva mai.

Il giardino, intanto, fa ciò che sa fare meglio: si arrangia.
E il risultato è un miscuglio di disordine e colpa.

Meglio pochi metri curati con amore, che mille vissuti come un dovere.
Hai mai pensato che il giardino ti perdona tutto, tranne l’indifferenza?


3. I piastrellatori seriali

Ora entriamo nel lato oscuro del verde.
Questa tribù non solo non ama il giardino, ma lo teme.
Se potessero, lo asfaltarebbero tutto.

Prato sintetico, siepe finta, ghiaia sterile: il trionfo del “verde senza vita”.
Per loro il giardino è un problema da eliminare, non un mondo da vivere.

La scusa? “Non ho tempo.”
Ma poi passano ore a lamentarsi del caldo, dell’aria pesante, delle zanzare.

E io, ogni volta, penso:
“Due alberi e qualche cespuglio ti cambierebbero la vita.”

Non si rendono conto che si stanno escludendo dal ciclo naturale.
Un giardino vero ti regala ombra, ossigeno, profumi, frutti, uccellini.
Un giardino finto ti dà solo l’illusione del controllo.

Ti sei mai chiesto quanta vita ti stai perdendo se attorno a te non cresce nulla di vivo?


4. I kamikaze del verde

Ah, loro. Gli entusiasti cronici del giardinaggio.
Non sanno molto, ma compensano con energia e buona volontà.
Peccato che, se non è guidata, l’energia diventa distruttiva.

Tagliano quando non serve.
Concimano “a sentimento”, come se stessero imburrando una fetta di pane.
Annaffiano ogni giorno, anche quando piove, “perché l’acqua fa bene”.
E poi si stupiscono se le piante muoiono.

Per loro il giardino è un campo di battaglia.
Ogni giorno un esperimento, ogni esperimento un danno.

Il giardino però non è un robot: è un ecosistema che vive di equilibrio.
Troppa acqua, radici marce.
Troppa potatura, pianta indebolita.
Troppo concime, parassiti assicurati.

Il paradosso?
Molti “professionisti” rientrano in questa tribù.
Gente che impugna il decespugliatore come fosse una spada, convinta che il rumore del motore basti a dimostrare la competenza.

Hai presente quelle piante mutilate come fossero state punite?
Ecco, spesso sono opera dei kamikaze del verde: tanta buona volontà, poca conoscenza.


In quale tribù ti riconosci?

Siamo sinceri: ognuno di noi appartiene a una di queste quattro tribù.
E non è un’etichetta fissa.
Ci si può spostare, cambiare, imparare.

Il punto è capire dove sei adesso.
Solo così puoi decidere dove vuoi andare.

Oggi potresti essere un “colpevole” che rimanda sempre, domani un “maestro zen” che vive il giardino come meditazione.
Tutto parte dalla consapevolezza.


Il giardino come specchio

Ogni giardino racconta la storia di chi lo abita.
Non puoi nasconderti: se sei disordinato, si vede.
Se sei attento, si sente.
Se sei presente, si percepisce.

Il giardino è la tua biografia verde.
Racconta i tuoi ritmi, i tuoi limiti, le tue abitudini.

Se sai e fai, raccogli frutti.
Se sai e non fai, resti pieno di “avrei potuto”.
Se non sai e non fai, ti neghi la bellezza della scoperta.
Se non sai e fai troppo, crei solo confusione.

Il giardino non mente.
Ti restituisce esattamente quello che gli dai.
E allora la domanda vera diventa:
vuoi che il tuo giardino sia un peso o un piacere?


Il giardino come palestra di vita

Alla fine, il giardinaggio non parla solo di piante.
Parla di te.
Di come vivi, come ti prendi cura delle cose, come reagisci ai cambiamenti.

Se trascuri il giardino, forse trascuri anche te.
Se l’hai piastrellato, forse hai chiuso anche una parte della tua vita.
Se corri come un kamikaze, forse lo fai anche nelle tue giornate.

E se sei un maestro zen, allora sai che non sto parlando solo di fiori e foglie, ma di equilibrio, di ascolto, di presenza.

Il giardino ti insegna a rallentare, ad accettare, ad aspettare.
È una palestra di vita, gratuita e silenziosa.


Coltiva il tuo giardino, dentro e fuori di te

Dopo tanti anni di giardini, incontri e riflessioni, ho capito che la vera sfida non è far crescere le piante, ma far crescere le persone.

Per questo, accanto al mio lavoro di garden designer, ho scelto di diventare anche coach breve strategico certificato AICP.
Perché dietro ogni giardino trascurato, ogni pianta sofferente, c’è sempre una storia umana da ascoltare.

Il giardinaggio sostenibile comincia dentro di noi.
Nel modo in cui respiri, osservi, scegli.
Coltivare un giardino significa coltivare equilibrio.

Se vuoi scoprire come portarlo anche nella tua vita, puoi farlo insieme a me.
Vai sulla pagina del sito di Giardino Futuro per richiedere un incontro:
parleremo del tuo giardino, ma anche di te, di ciò che vuoi coltivare davvero.


Ricorda:
il futuro del tuo giardino dipende dalle scelte che fai oggi.

Autore: Roberto Massai

Giardino Futuro - Roberto Massai Natural Garden Designer, Arboricoltore, Giardiniere.

Natural Garden Designer & Life Coach

Giardino Futuro - i 10 fondamenti del giardinaggio sostenibile

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