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Perché il tuo pomodoro ha bisogno del gas? Spoiler: non è per scaldarsi

Sono anni che ne parlo.

E ogni tanto mi sento come il tizio che urla nel deserto, con l’unica differenza che io non urlo. Parlo piano.

E spesso, lo ammetto, parlo con le piante.

Loro almeno mi ascoltano senza scrollare lo schermo.

Ma parliamo di te.

Sì, proprio tu, che stai leggendo questo blog sul giardinaggio sostenibile mentre magari sgranocchi un cetriolo fuori stagione o fantastichi su una vellutata di zucca… a luglio.

Hai mai pensato che il prezzo del pomodoro, quello lì che metti sulla bruschetta con tanto amore, sia legato al prezzo del gas e del petrolio?

Sembra assurdo? Eh, pare anche a me, ma è così.

Te lo spiego in modo semplice, come se fossimo seduti sull’erba con una tazza di tisana e due zanzare che ci girano intorno.

L’energia che ci mangiamo (senza accorgercene)

Le piante, lo sai, sono creature gentili.

Non chiedono molto: un po’ di sole, un po’ d’acqua, un po’ d’aria.

In cambio ci danno frutta, verdura, ossigeno e persino ispirazione poetica. Non male, vero?

E allora perché per far crescere una zucchina servono litri di gasolio, tonnellate di fertilizzanti e una logistica che neanche Amazon Prime?

Perché siamo diventati pigri. E viziati.

E profondamente dipendenti da un sistema che trasforma il cibo in una succursale del settore energetico.

Oggi, per produrre una caloria vegetale servono almeno dieci calorie di energia fossile.

Sì, dieci. E non sto parlando di cibo di lusso: anche la tua innocente carota ha viaggiato più di te in vacanza.

Vuoi la pizza coi pomodorini a gennaio? Pagala con il gas

E qui casca l’asino. O meglio, la serra.

Primo colpevole della dipendenza energetica?

Il nostro capriccio stagionale. Se voglio la parmigiana a dicembre, qualcuno dovrà pur far crescere quelle melanzane.

E come si fa? Si accende la serra, si alza il termostato, si illumina il giorno che non c’è.

Insomma: si paga.

Quelle melanzane fuori stagione sono come un albergo cinque stelle per piante.

E tu lo stai finanziando. Contento?

La soluzione? Semplice, ma non facile: mangia ciò che la stagione offre.

L’inverno è fatto per cavoli, verze e radicchio.

L’estate è il regno di pomodori e zucchine.

Se segui il ritmo della Natura, lei ti ringrazia.

E il gas pure, perché non serve.

Chilometri zero o chilometri mille?

Seconda questione: dove lo compri, il tuo cibo?

Se ti arriva da 1000 chilometri di distanza, sappi che il camion che lo trasporta non va a pedali.

Ogni litro di benzina bruciata per spostare il tuo avocado fuori stagione ti arriva nel portafoglio, e nei polmoni.

Vuoi davvero far fare più strada a un’insalata che a tua nonna per andare in vacanza?

C’è una soluzione, anche qui: compra locale.

Vai al mercato contadino, cerca il GAS (no, non il metano, il Gruppo di Acquisto Solidale).

Magari non troverai il mango, ma vuoi mettere il profumo di un pomodoro coltivato a dieci chilometri da casa?

Ma anche il bio non basta (e qui qualcuno si offenderà)

Terzo punto, e questo fa sempre discutere: anche l’agricoltura biologica, da sola, non basta.

Lo so, lo so, anche tu hai creduto che bastasse evitare i pesticidi per salvarci tutti.

Eppure anche il bio spesso si affida a trattori, lavorazioni meccaniche, concimi trasportati da chissà dove.

È meno peggio, certo. Ma è come dire che bere tre birre è meglio che berne sei: sei sempre ubriaco, solo un po’ meno.

Serve cambiare paradigma.

Passare dall’agricoltura “contro” la natura a quella “con” la natura.

Vuoi un nome? Agricoltura naturale. O anche agroforestazione.

Sistemi che imitano gli ecosistemi, che non arano, non concimano a caso, non sterminano gli insetti utili.

Sistemi che chiedono pazienza. Cura. Lentezza. Ti sembra poco?

E se mangi carne, ricordati cosa stai mangiando davvero

Arriviamo al punto più scomodo.

Perché lo so che adesso stai pensando: “Va bene l’insalata, ma io la bistecca la voglio.”

E io non ti giudico. Ti chiedo solo di pensarci un attimo.

Per produrre 100 grammi di carne bovina servono 2 chili di cereali e 15.000 litri d’acqua.

Te lo ripeto? No, fidati, è già troppo.

Quello che voglio dirti è che la carne è energia concentrata.

E non nel senso buono. È come prendere un’automobile per fare due metri.

Ha un impatto enorme.

Vuoi mangiare carne? Fallo, ma poco.

Da piccoli allevamenti, locali, etici.

E non ogni giorno.

Ricorda che legumi e cereali integrali, combinati bene, ti danno tutti gli amminoacidi che ti servono.

E non fanno rumore quando li cucini.

Vuoi davvero cambiare? Inizia dal piatto

A questo punto ti chiedo: quanto sei disposto a cambiare?

Perché vedi, il punto non è aspettare la rivoluzione agricola, o sperare che l’ONU imponga i pomodori stagionali.

Il punto sei tu. Il tuo piatto. Le tue scelte quotidiane.

Ogni volta che scegli un cibo locale, stagionale, vegetale… stai votando per un mondo diverso.

Ogni volta che rinunci a quel formaggio confezionato arrivato dall’altra parte del mondo, stai dicendo no a un sistema che non funziona più.

Siamo dentro un circolo vizioso, dove il costo dell’energia influenza quello del cibo, e le nostre scelte alimentano (letteralmente) il cambiamento climatico.

Lo interrompiamo? Solo se smettiamo di aspettare che lo facciano gli altri.

Coltiva il tuo giardino (o almeno il tuo pensiero)

Non ti sto dicendo che devi diventare autosufficiente.

Anche se, diciamocelo, avere un orto sul balcone è già un buon inizio.

Ti sto dicendo che pensare al cibo come energia ti cambia la prospettiva.

Non è più solo questione di gusto.

È una questione di coerenza, di futuro, di responsabilità.

Forse la rivoluzione comincia proprio lì, nel momento in cui decidi che la parmigiana a dicembre può aspettare.

Che le fragole a gennaio non sono poi così buone.

E che il cavolo verza, tutto sommato, non è così male se lo sai cucinare.

Conclusione (senza moralismi)

Non ti giudico, davvero. Anch’io ogni tanto ho le mie debolezze da dispensa.

Ma almeno adesso sappiamo cosa c’è dietro un pomodoro. E se ci pensi, è già molto.

Il futuro? Sta nel tuo piatto.

E nel tuo giardino, se decidi di metterci le mani.

E se il cambiamento climatico bussa alla porta, almeno saprai che tu, nel tuo piccolo, non gli hai preparato la cena.

Autore: Roberto Massai

Giardino Futuro - Roberto Massai Natural Garden Designer, Arboricoltore, Giardiniere.

Natural Garden Designer & Life Coach

Giardino Futuro - i 10 fondamenti del giardinaggio sostenibile

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