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Hai presente quella pianta che hai comprato con tanto entusiasmo — magari attratto da un fiore viola psichedelico o da una foglia esotica che sembrava uscita da un catalogo di interni scandinavi — e che dopo pochi mesi è morta miseramente nel tuo giardino? 

Sì, proprio lei. Sappi che non era lei il problema.

O meglio, non solo lei. Era il posto.

Già, perché nel mondo del giardinaggio c’è una regola d’oro che sembra banale, ma è in realtà un vero spartiacque tra frustrazione e successo: la pianta giusta al posto giusto.

Una frase semplice, quasi innocente. Ma dietro ci sta un’intera visione del mondo, un modo di abitare il giardino che non prevede guerre contro la natura, ma alleanze. E questa visione ha un nome e un cognome: Beth Chatto.

Beth Chatto: la ribelle gentile del giardinaggio

Ti racconto una storia, così ci capiamo meglio.

Inghilterra, anni Sessanta. Beth e suo marito Andrew comprano un pezzo di terra.

Ora, quando dici “pezzo di terra” potresti immaginarti una campagna rigogliosa, una valle verde, un prato da film.

E invece no. Avevano davanti una specie di campo minato: da una parte terreno secco e sassoso, dall’altra zone umide e quasi paludose.

Tu cosa avresti fatto?

Avresti coperto tutto di prato inglese e irrigatori automatici?

Avresti spalato tonnellate di terra “buona”?

Oppure avresti semplicemente alzato le mani e acceso Netflix?

Beth no.

Lei ha guardato quel terreno spaccato e pieno di contrasti come una sfida. Anzi, come un invito.

E ha fatto una cosa che a molti sembra ancora oggi rivoluzionaria: ha ascoltato la Natura.

Ascoltare il luogo: mica roba da new age

Hai mai provato a guardare davvero il tuo giardino?

Intendo proprio osservarlo, non solo attraversarlo con la carriola in mano o mentre cerchi disperatamente il rastrello.

La luce, il vento, l’umidità, la consistenza della terra.

Ti sei mai chiesto dove si accumula l’acqua dopo un temporale?

Quali zone restano all’ombra tutto il giorno?

Dove il sole picchia come in Salento a mezzogiorno?

Beth ha fatto questo. Ha osservato.

Ha capito che forzare la Natura porta solo a frustrazioni, sprechi e — diciamolo — piante che muoiono.

Quindi ha inventato (o meglio, diffuso con intelligenza) la regola aurea: non scegliere le piante solo perché sono belle, sceglile perché sono giuste.

Non è un’idea romantica. È puro realismo botanico.

E quindi? Come si fa a scegliere la pianta giusta?

Ok, tutto molto ispirante.

Ma come si traduce questa filosofia nella vita reale? E soprattutto, nel tuo giardino?

Ti do qualche dritta concreta. Senza fronzoli:

  • Guarda la luce. Le piante non sono tutte uguali. Alcune amano il sole pieno, altre si abbrustoliscono dopo mezz’ora. Prima di comprare, guarda dove batte il sole nel tuo giardino e per quanto tempo.

  • Tocca la terra. Sì, metti le mani nella terra. È argillosa? Sabbiosa? Drena bene? Fa palla o si sgretola? Questo ti dirà tantissimo su quali piante sopravvivranno senza entrare in terapia intensiva.

  • Osserva l’acqua. Dove ristagna? Dove invece il terreno si asciuga subito? Inutile mettere una felce dove c’è la sabbia del Sahara. O una lavanda in una buca paludosa.

  • Ragiona sul clima. Se vivi in Puglia e vuoi coltivare una pianta tropicale perché l’hai vista su Instagram, sappi che quella pianta odierà te e tutto il tuo quartiere. Ci sono piante bellissime già adatte al tuo clima. Non serve importare l’Amazzonia a tutti i costi.

Il giardino che si adatta al terreno (e non viceversa)

Beth ha creato quattro giardini tematici spettacolari, ognuno pensato per rispondere a condizioni estreme.

No, non devi avere un castello per ispirarti a lei. Basta un po’ di attenzione.

Ecco un riassunto utile anche per te:

  • Giardino secco: piante resistenti alla siccità, zero irrigazione. Perfetto se vivi dove il rubinetto piange.

  • Giardino umido: per quelle zone del giardino dove l’acqua non se ne va nemmeno a pregare.

  • Giardino d’ombra: ombra tutto il giorno? Non sei condannato all’asfalto. Ci sono piante meravigliose che amano la penombra.

  • Giardino di ghiaia: per terreni drenanti. Poca manutenzione, tanta resa.

Hai mai pensato a suddividere il tuo giardino in microambienti?

Invece di imporre uno stile uniforme, potresti assecondare quello che già c’è.

Magari la tua aiuola più soleggiata può diventare un piccolo dry garden mediterraneo, mentre l’angolo umido può ospitare iris acquatici e salici rampicanti.

Vedi dove si va a parare?

Estetica o sopravvivenza?

Lo so. Anche a me capita di essere sedotto dalla foto di una pianta perfetta su un catalogo o in un reel.

Fioriture spettacolari, foglie variegate, descrizioni tipo “poco esigente”.

Ma chi lo decide cosa vuol dire “poco esigente”? 

Beth Chatto ci insegna a mettere da parte l’ego e guardare la realtà: la bellezza duratura è quella che si integra, non quella che si impone.

Eppure ancora oggi tanti giardini sono costruiti come showroom, collezioni casuali di piante incompatibili.

Sai quei giardini dove ogni angolo è una battaglia tra quello che si vuole e quello che resiste?

Sprechi d’acqua, spese inutili, frustrazioni continue.

Sostenibilità: non è una moda, è sopravvivenza

Beth parlava di sostenibilità quando la parola non era ancora stampata sui sacchetti bio del supermercato.

Coltivava biodiversità senza hashtag, risparmiava acqua senza app.

Ti sei mai chiesto quanto consumi il tuo giardino?

Quanta acqua? Quanti fertilizzanti? Quanti prodotti chimici che poi finiscono nel suolo, nelle falde, forse nei tuoi stessi pomodori?

La risposta sta nel progettare con la testa e col cuore.

Scegliere piante locali o naturalizzate, che attraggano insetti utili e implichino meno interventi.

Tradotto: più tempo per te, meno lavoro, più vita nel giardino.

Quindi, che si fa adesso?

Il tuo giardino, parla la lingua del tuo terreno? Oppure è un dizionario di errori in cerca di correzione?

Sia chiaro, non è una colpa. Ci siamo passati tutti.

Anch’io, all’inizio, ho fatto il cacciatore compulsivo da vivaio.

Ma poi ho capito che progettare un giardino non è solo scegliere le piante più belle, è scegliere quelle più sensate.

Se hai un dubbio, se hai un angolo che ti fa dannare — troppo ombroso, troppo secco, troppo tutto — allora potresti fare come molti: chiedere una mano.

Io sono qui per questo.

Offro consulenze personalizzate, ti aiuto a leggere il tuo terreno e capire quali piante sono davvero le tue alleate.

Come direbbe Beth: quelle giuste, nel posto giusto.

Se ti va di iniziare a progettare con intelligenza e consapevolezza, vai su Giardino Futuro e prenota un incontro.

E se proprio non vuoi chiedere aiuto, almeno ascolta il tuo giardino.

Ti sta parlando. Forse da tempo.

Autore: Roberto Massai

Giardino Futuro - Roberto Massai Natural Garden Designer, Arboricoltore, Giardiniere.

Natural Garden Designer & Life Coach

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