Lo ammetto: anche io una volta ci sono cascato.
Hai presente quei sacchi colorati al garden center? “Terriccio Universale”, “Speciale per Ortensie”, “Substrato Premium per Aromatiche da Chef Stellati”…
E tu lì, che li guardi come se stessi scegliendo il divano perfetto per le radici del tuo basilico.
Poi arrivi a casa, tagli il sacco con un coltellino tipo chirurgo da giardino, lo annusi come un sommelier sniffa un Barolo del ’78… e zac, lo versi nelle buche del tuo futuro orto paradisiaco.
Perché tanto, se costa 7,90 euro al sacco, sarà sicuramente meglio di quella terra dura e zolla che hai in giardino, no?
Eh, no.
Il terriccio da sacco: cos’è veramente?
Spoiler: non è “terra”. È una miscela artificiale, pensata per far crescere piante in vaso, punto.
Niente di più, niente di meno.
È come il pane in cassetta: comodo, morbido, già affettato… ma non puoi pensare di costruirci una panetteria vera intorno.
Dentro ci trovi un po’ di tutto:
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Torba (bionda, nera, alta, bassa, pigra… dipende dall’umore del produttore)
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Fibra di cocco (che arriva spesso da mezzo mondo)
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Perlite, sabbia silicea o vermiculite, perché fa figo dire “drenante”
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Concimi a lento rilascio (che spesso rilasciano tutto insieme alla prima pioggia seria)
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A volte microrganismi selezionati, tipo lieviti da birra in palestra
Tutto molto tecnico, tutto molto standardizzato. Ma la cosa più importante da sapere è questa: non c’è vita vera lì dentro. Al massimo, un po’ di vita imbustata in modalità “pronta all’uso”.
Ma quindi il terriccio è male?
Aspetta, non è che adesso devi andare a bruciare i sacchi al grido di “Rivoluzione agraria!”.
Il terriccio è utile, eccome se lo è. Serve, eccome.
Solo che devi usarlo per quello che è stato pensato: vasetti, semine, trapianti in contenitore, balconi tristi da ravvivare.
Non usarlo come se fosse terra migliore. Non lo è.
È comodo, è pratico, è controllato… ma non è vivo. E non evolve.
Non migliora col tempo. Non si adatta a te, come fa invece il tuo terreno (se lo tratti bene).
E la tua “vera” terra, invece?
Ah, lei sì che è viva.
Anche se magari ora è un po’ stanca, compatta, ha bisogno di una tisana o di una lunga vacanza in Sardegna, resta pur sempre un sistema biologico complesso.
Dentro ci sono:
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Funghi che si parlano sottoterra come in un social network sotterraneo
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Batteri che fanno il compost-party 24/7
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Lombrichi, insetti, artropodi vari, che scavano, aerano, fanno girare l’economia
Non c’è paragone, davvero.
Il terreno naturale è come una buona osteria con i suoi ritmi lenti, la stagionalità, il sugo della nonna.
Il terriccio commerciale, invece, è il fast food del giardinaggio: tutto pronto, tutto uguale, tutto “standard”.
Allora perché la gente lo usa ovunque?
Bella domanda.
Forse perché è comodo.
Forse perché siamo cresciuti con l’idea che ciò che è confezionato sia “migliore”.
Forse perché ci piace l’illusione del controllo: “Se lo metto io, allora sarà perfetto”.
Peccato che la natura non funzioni così. Lei si adatta, evolve, collabora, si incasina e si riequilibra.
Tu, con il tuo sacco di terriccio, rischi di rompere l’equilibrio più di quanto immagini.
Aggiungere terriccio alla buca? Mmm… pensaci due volte.
Sì, lo so che l’hai fatto anche tu. Scavare, aggiungere due belle palate di “terriccio buono”, rimescolare un po’, piantare l’olivo o la lavanda di turno… e poi pregare che non muoia.
Il problema è questo: terriccio e terreno non si sposano bene, se non sono miscelati con criterio.
La loro struttura è diversa, drenano in modo diverso, trattengono acqua e nutrienti in modo opposto.
Sai cosa succede quando li metti insieme senza pensarci?
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L’acqua ristagna sul punto di contatto. Tipo effetto-lago in miniatura.
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Le radici si fermano nella zona soffice, e non scendono mai in profondità. Pigrizia radicale.
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Crei una specie di vaso interrato. E se piove? Marciume assicurato.
Vuoi piantare piante mediterranee?
Occhio. Sono piante rustiche, sì, ma non stupide.
Non amano l’umidità. Non amano le coccole eccessive.
Se dai loro troppo terriccio universale, non ti fanno nemmeno il favore di morire velocemente.
Ti illudono con qualche foglia verde, poi iniziano a seccare dalla base, e nel giro di un’estate sembrano delle sculture funebri.
Vuoi un consiglio pratico?
Quando pianti lavanda, rosmarino o simili:
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Lascia perdere il terriccio commerciale
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Mescola sabbia, ghiaia, pozzolana, lapillo, quello che trovi
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Alleggerisci il terreno locale, non lo arricchire
E per piante più esigenti, se proprio vuoi aggiungere qualcosa di “comprato”, compra compost maturo, non sacchi prefabbricati.
E la sostenibilità, dove la mettiamo?
Ecco il tasto dolente. Quasi tutti i terricci contengono torba.
E la torba non si rigenera in tempi umani.
È una risorsa fossile, come il petrolio, ma vegetale.
Le torbiere sono ecosistemi delicatissimi, che immagazzinano CO₂ da millenni.
Ogni sacco di terriccio torboso è un pezzettino di clima che ci giochiamo.
Ci sono alternative?
Sì. Compost, fibra di legno, materiali locali.
E alcuni produttori stanno iniziando a proporre terricci peat-free.
Ma non sono ancora lo standard.
Quindi finché puoi, usa meno sacchi, e più buonsenso.
Allora che si fa?
Ti lascio con tre pensieri, poi decidi tu:
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Il terriccio è uno strumento, non la soluzione. Usalo quando serve. Non è oro in sacco.
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Il terreno naturale è la tua vera ricchezza. Osservalo, miglioralo, lavoraci assieme.
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Ogni pianta ha il suo contesto. Le mediterranee non vogliono spa, vogliono secchezza e pietra.
E poi, fidati del tempo.
Il giardinaggio sostenibile non è fatto di scorciatoie.
È fatto di osservazione, errori, correzioni, e pazienza.
E nessun sacco può sostituire questa esperienza.
Hai mai provato a scavare nel tuo giardino e capire cosa c’è sotto, invece di aggiungerci sopra qualcosa a caso?
Se vuoi, preparo anche ricette personalizzate per tipo di terreno.
Così la prossima volta, invece di comprare alla cieca, mischi con testa.
Ti interessa?